30/07/2019
Sul caso Gozi, poiché ha suscitato scalpore la sua recente nomina di Responsabile degli Affari Europei all’interno del governo francese, ho pensato fosse opportuno offrire un quadro che permettesse di contestualizzarne meglio la notizia.
Sandro Gozi – ex sottosegretario alle Politiche Europee dei governi Renzi e Gentiloni – oltre ad avere un curriculum, una preparazione e un’esperienza da fare invidia, da novembre scorso è anche il presidente dell’Unione dei Federalisti Europei. Ha una visione dell’Europa (e del mondo) sicuramente diversa da quella di Salvini – che non ha perso tempo ad attaccare lui e il Partito Democratico, accusandoli di essere stati al servizio dei francesi – e non ha mai nascosto di condividere lo spirito europeista e riformista di En Marche!.
Penso non siano in molti a sapere che, oggi, tra Francia e Germania – la cui rivalità è stata all’origine di ben due conflitti mondiali – c’è una relazione bilaterale così forte, che è stato persino istituzionalizzato lo scambio di funzionari ministeriali tra i rispettivi Paesi.
Come scrive Jean-Pierre Darnis sulle pagine de Il Foglio, «almeno due volte l’anno un ministro francese prende parte a un Consiglio dei ministri tedesco e viceversa, [tra cui anche quello in cui si discute la legge di bilancio. NdR]. […] Dagli anni Novanta in poi è stato istituito lo scambio di alti funzionari, dirigenti dell’amministrazione pubblica francesi e tedeschi che si trasferiscono per periodi di circa tre anni nell’altro Paese dove vengono inseriti nei servizi ministeriali e non agiscono quindi in rappresentanza del Paese di origine. Ci sono permanentemente una ventina di funzionari in scambio fra Berlino e Parigi, nei ministeri dell’Economia, della Giustizia, degli Esteri. Questi scambi sono molto ricchi e vantaggiosi perché hanno permesso una crescita della conoscenza dei meccanismi decisionali in entrambe le capitali, ma contribuiscono anche a creare una rete informale di relazioni fra dirigenti pubblici, un fattore estremamente utile quando sorgono problemi o quando bisogna ricercare una convergenza».
[getty src=”185275943″ width=”508″ height=”338″ tld=”co.uk”]Ecco, Gozi aveva lavorato alacremente con il governo Gentiloni proprio perché si arrivasse ad un accordo simile con la Francia. Era evidente la necessità di aumentare la cooperazione bilaterale al fine di risolvere problemi legati all’incomprensione della mentalità e dei meccanismi decisionali dei rispettivi Paesi – si pensi alla Libia o al caso Bardonecchia – e si arrivò ad avviare i lavori sul cd. Trattato del Quirinale. Trattato che, purtroppo, è stato archiviato per via dell’esito delle ultime Politiche.
Premesso tutto ciò, è facile comprendere l’interesse di Salvini a strumentalizzare la vicenda per allentare la pressione mediatica sulle indagini per il presunto finanziamento illecito alla Lega da parte della Russia, nonostante la condotta di Gozi sia del tutto lecita. Perché è su questo punto che ruota principalmente lo scandalo Rubligate – inclusi i tentativi fatti dai leghisti di abrogare la norma che vieta e sanziona tale condotta nei giorni successivi al celebre incontro al Metropol – e non tanto sui rapporti privilegiati tra la Lega e la Russia di Putin: fatto stranoto, documentato e oggetto da tempo del libero giudizio politico individuale.
Sebbene questi rapporti rappresentino anche un evidente problema di sicurezza nazionale, dal momento in cui quel partito è al governo. Si parla di sicurezza nazionale non a sproposito, ma in relazione alla rete di scambio di informazioni in cui è inserito il nostro Paese, membro dell’Unione Europea e della Nato. Per fare un esempio tratto dalla vicina Austria, la presenza di Heinz-Christian Strache (FPÖ) nel governo austriaco, per via del suo accesso al controllo sui servizi di intelligence, comportò inevitabilmente un isolamento dell’Austria sotto il profilo della cooperazione tra le agenzie di sicurezza occidentali.
Infatti, un’inchiesta del New York Times, di poco precedente allo scandalo che ha portato alle elezioni anticipate, riporta che «gli Stati Uniti e persino gli alleati europei […] avevano iniziato a escludere l’Austria dalla condivisione di certe informazioni riservate, perché a conoscenza dell’estesa rete internazionale in cui era inserita l’estrema destra [al governo. NdR] e, in particolare, delle sue simpatie verso la Russia.
“Valutiamo con molta attenzione cosa condividere con i nostri partner austriaci, perché non possiamo essere certi di dove quelle informazioni possano finire“, ha dichiarato un funzionario di un’agenzia di intelligence europea in un’intervista.
Tali preoccupazioni sono diventate rilevanti nelle ultime settimane, quando si era scoperto che l’estremista accusato di aver ucciso 51 musulmani in due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, aveva fatto una donazione al portavoce austriaco di Generazione Identitaria, un movimento giovanile di estrema destra».
Ha senso, quindi, il paragone tra il Rubligate e il nuovo incarico di Gozi nel governo di Macron? Si tenga anche conto del fatto che l’Italia e la Francia, oltre a essere entrambi membri dell’Unione Europea e dalla Nato, sono partner economici il cui interscambio commerciale raggiunge la cifra di 81,6 miliardi di euro. Se si confrontasse tale dato con l’interscambio tra Italia e Russia, del valore potenziale di 23 miliardi – prendendo come riferimento la situazione precedente all’introduzione delle contro-sanzioni russe –, si dovrebbe comprendere ancora meglio quanto sia nel nostro interesse rafforzare le relazioni con i “cugini” francesi.
E, soprattutto, se veramente Gozi avesse sempre agito negli interessi dei francesi durante gli anni in cui lavorava nel governo italiano, che senso avrebbe ricompensarlo così platealmente, alla luce del sole, quando la cronaca degli ultimi mesi ci ha dimostrato l’esistenza di altri strumenti ben più “occulti” (salvo intercettazioni)?