«Grado è tutta qui, in questi intervalli tra terra e acque e cielo», scriveva Biagio Marin in Grado. L’Isola d’oro (1955). Intervalli che diventano sempre più sfumati in certe giornate invernali, quando il confine tra cielo e mare si dissolve fino a fondersi per effetto della nebbia. E sono proprio queste le giornate ideali per vivere il Nadal de oro, quando la distanza, sul lungomare, diventa una percezione astratta, mentre la foschia avvolge le lanterne illuminando le vie con una luce più soffusa.
In questo periodo i vicoli del centro diventano un labirinto da esplorare, alla ricerca di presepi più o meno nascosti nelle nicchie di case e chiese; anfratti che passano inosservati durante le altre stagioni e che, d’improvviso, prendono vita grazie alla creatività degli artigiani del posto. Ogni angolo può svelare un tesoro da scoprire, materializzando lo spirito della tradizione natalizia e fondendolo con gli elementi caratteristici del mare. Conchiglie, relitti di barche, reti da pesca e gabbiani si integrano perfettamente nell’interpretazione gradese della Natività, trasformando l’isola in un’esperienza quasi mistica, grazie alle note dei zampognari che la percorrono o dei vari concerti organizzati per l’occasione.
Quest’anno ho avuto la fortuna di visitare Grado nel giorno di Santo Stefano, cercando di immortalare con qualche scatto la sua magica atmosfera. L’Isola d’oro rappresenta ormai una tappa irrinunciabile di questo periodo: un vero e proprio rito della mia tradizione familiare.